Un fenomeno storico, qualunque esso sia, deve essere colto nella sua totalità ed interezza. Se si considera la scomparsa dell’italianità nelle terre orientali, allora si rende necessario uno sguardo d’insieme plurisecolare, poiché ci si trova dinanzi ad un processo in fondo unitario. Una prospettiva di una simile ampiezza non è metodologicamente scorretta, né desueta. Essa inoltre non si fonda su considerazioni di carattere etico od ideologico su di una preminenza cronologica nell’insediamento in un dato territorio, ma su constatazioni di ordine fattuale.
Nel VII secolo d. C. Venezia Giulia e Dalmazia erano interamente latine. Nel 1945, tranne una piccola parte della prima regione, sono ormai interamente slavizzate. Il segmento temporale così individuato può essere compreso soltanto nella sua unità, poiché comprende un fenomeno storico sostanzialmente unitario, per quanto plurisecolare.
I) Un primo genocidio di popolazioni latine avvenne al momento delle migrazioni delle tribù slave, nel VII secolo d.C., ed in verità proseguì molto a lungo anche nei secoli seguenti. Zone amplissime ebbero i loro abitanti sterminati od in fuga. Alcune “enclaves” riuscirono a resistere per qualche tempo, vengono poi lentamente erose e distrutte. È sintomatico il f atto che i cosiddetti “Valacchi” o “Morlacchi”, linguisticamente affini ai Rumeni ed anch’essi neo-latini, siano quasi scomparsi da tutti i paesi degli slavi del sud.
II) Prescindendo da altri episodi intrusivi di minore portata, una fase di persecuzione anti-italiana si aprì con il secolo XIX. Venezia Giulia e Dalmazia stricto sensu erano ancora italiane nl secolo XIX, quando Francesco Giuseppe decise di “slavizzare e germanizzare con la massima energia e senza scrupolo alcuno”, secondo il verbale del Consiglio della Corona tenutosi nel 1866 quelle regioni. L’alleanza fra il progetto trialistico di Vienna ed i nazionalisti slavi, Sloveni e Croati, fu la radice di tutto ciò che poi seguì nell’area giuliana e dalmata. Pertanto, non può essere trascurato. La “pulizia etnica” condotta da Francesco Giuseppe ed appoggiata dai nazionalisti slavi condusse praticamente all’estinzione dell’italianità dàlmata, mentre sviluppò un’opera di snazionalizzione anti-italiana in Venezia Giulia, senza riuscire a portarla a termine. Si tratta di fatti ben noti ed inoppugnabili, e sui esiste amplissima documentazione.
In Dalmazia la popolazione italiana, che era superiore ad un terzo ancora ad inizio Ottocento (ma costituiva la stragrande maggioranza nelle città), si ridusse a poco più dell’1% ad inizio Novecento. Fra le molte opere di snazionalizzazione compiute dal governo viennese, vi fu la deportazione in lager di 100.000 Italiani, l’espulsione di massa di altri 50.000 dalla Venezia Giulia, e di non numero non quantificabile, ma dell'ordine di molte migliaia dalla Dalmazia. Tuttavia, furono solo alcune delle violenze anti-italiane compiute in quel periodo, che videro anche numerose uccisioni e violenze, tassazioni arbitrarie, stravolgimenti della toponomastica e dell’onomastica, chiusura di scuole italiane, immigrazione massiccia ed eterodiretta di slavi dall’interno dei Balcani, gravi brogli elettorali. Senza dimenticare poi le gravissime violenze sulla popolazione civile compiute dai soldati slavi durante gli 11 (undici) conflitti che coinvolsero l’Austria sul suolo italiano nel periodo 1796-1866.
III) Tali operazioni di pulizia etnica anti-italiana proseguirono poi, senza soluzione di continuità, nei periodo fra le due guerre in Jugoslavia (emblematici i cosiddetti “fatti di Spalato”) e poi in Venezia Giulia ed in Dalmazia nel periodo 1943-1948: 30.000 morti nelle foibe, 350.000 esuli, 50.000 deportati nei gulag. Le sole cifre dei morti sono diverse volte superiori a quelle degli slavi periti durante la guerra del 1943-1945 per opera dell’esercito italiano. La città di Zara, pressoché interamente italiana ancora nel 1943, fu intenzionalmente distrutta da bombardamenti a tappeto dell’aviazione americana, richiesti da “Ti-to”: i superstiti che non si erano già dati alla fuga dopo la distruzione della città furono scacciati o sterminati dai partigiani titini.
IV) D’altronde, l'odio slavo contro gli italiani (dovuto anche ad odio di classe oltre che etnico. Gli Sloveni ed i Croati, almeno dal secolo XIX, hanno invidiato agli Italiani di Venezia Giulia e Dalmazia il loro più elevato tenore di vita ed il maggiore livello economico, sociale e culturale.), la stessa pratica della “pulizia etnica”, l’ideologia e la mentalità sottostanti, la forma tipica del nazionalismo slavo basato sullo “ius sanguinis” e quindi per ciò stesso ostile ad ogni forma di integrazione con membri di altre etnie (Il nazionalismo slavo, basato sullo ius sanguinis, è alquanto diverso da quello di altri paesi come Francia od Italia, fondato piuttosto sulla condizione di una medesima cultura all’interno di uno stesso stato. Il nazionalismo slavo, influenzato da quello tedesco e dal suo romanticismo, si basa su di una concezione di “ethnos”, per la quale si appartiene ad una comunità per nascita; tutti gli altri sono esclusi, mentre invece quello italiano predilige una nozione di “contratto”, cosicché si è italiani per cultura e non per una fantomatica identità razziale), hanno tutti radici profonde e remote nella storia balcanica, di molti secoli.
Si devono anche porre in rilievo le conseguenze finali di tutto ciò. La guerra per Slovenia e Croazia è terminata, mentre invece l’Italia ha riportato non delle ferite, ma delle amputazioni, che non si possono rimarginare.
Due intere “regioni storiche” italiane, Venezia Giulia e Dalmazia, sono state distrutte con la pulizia etnica, e, considerando come una “regione storica” sia di fatto una sorta di micro-nazione, si può ben parlare della scomparsa di due membri di ciò che nell’Ottocento era chiamata la famiglia dei “popoli italiani”.
Venezia Giulia e Dalmazia un tempo potevano essere fatte rientrare nel novero delle cosiddette “piccole patrie”, mentre ora sono scomparse, fagocitate da Slovenia e Croazia. Mutatis mutandis, è come se il Belgio, o la Danimarca, fossero state invase, e gli abitanti scacciati o sterminati. Questo è qualcosa di diverso, e di più grave per l’umanità, di alcuni caduti in guerra. Come le persone, anche i popoli possono perire od essere uccisi: gli Slavi hanno ucciso due "popoli" italiani, ridotti ad una diaspora internazionale e privati della loro cultura peculiare, impossibilitata a sopravvivere in simili condizioni

Questo articolo fa luce su una tragica vicenda ingiustamente trascurata anche dalla storiografia italiana.
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