venerdì 15 maggio 2015

BORJES ED I 400 LADRONI

Lo spagnolo José Borjès è presentato dagli apologeti del defunto regime borbonico come un esempio d’eroe idealista. Sottoposto ad un’analisi storica imparziale ed oggettiva, egli appare sotto altro aspetto.
Questi fu un ufficiale d’idee assolutistiche, in esilio dalla Spagna per aver preso parte ad una guerra civile colà avvenuta, reclutato da emissari di Francesco II di Borbone per andare a capeggiare la banda di briganti di Carmine Crocco.
Divenuto comandante di questa masnada, il Borjes si rese corresponsabile delle molte e gravi violenze compiute da questi briganti a discapito dell’inerme popolazione civile. Simili atti sono testimoniati dallo stesso Borjes nel suo diario personale, risultando quindi incontestabili. Durante il breve periodo in cui lo spagnolo fu a capo dei banditi di Crocco, guidandoli in direzione di Potenza, ogni paese caduto nelle loro mani fu teatro di gravi violenze.
A Trivigno, scrive lo spagnolo, «il disordine più completo regna fra i nostri, cominciando dai capi. Furti, eccidi e altri fatti biasimevoli furono la conseguenza di questo assalto […] Crocco, Langlois e Serravalle hanno commesso a Trevigno le più grandi violenze. L’aristocrazia del luogo erasi nascosta in casa del sindaco, e i sopraddetti individui, che hanno ivi preso alloggio, l’hanno ignobilmente sottoposta a riscatto. Più: percorrevano la città , minacciavano di bruciare le case de’ privati, se non davano loro danaro.» Secondo quanto riportato dallo storico Basilide Del Zio, a Trivigno in quell'occasione furono massacrate sei persone: Domenico Antonio Sassano, Michele Petrone, Teresa Destefano, Giambattista Guarini, Cristina Brindisi e Rocco Luigi Volino. Crocco riconobbe nelle sue memorie che coloro che si rifiutano di consegnare i propri beni venivano trucidati.
A Calciano, scrive ancora Borjes, «è stato saccheggiato tutto, senza distinzione a realisti o a liberali in un modo orribile: è stata anche assassinata una donna e, a quanto mi dicono, tre o quattro contadini.»
A Garaguso, nonostante il parroco assieme ad altri paesani fosse uscito incontro ai briganti tenendo il crocifisso in mano e chiedendo pietà, avvenne ciò che Borjes definisce ambiguamente «scena» e di cui si rifiuta di raccontare alcunché, tranne che si trattava di «disordine». Insomma, anche questa cittadina era stata saccheggiata.
A Salandra, avviene un altro saccheggio («La città è stata saccheggiata»), non senza un assassinio da parte di Crocco, di cui fu vittima un tale Spazziano.
A Craco, nonostante la popolazione intera fosse venuta incontro ai banditi, nella speranza d’evitare le loro violenze, «avvennero non pochi disordini»
Ad Aliano, «dove la popolazione ci riceve col prete e colla croce alla testa, alle grida di Viva Francesco II; ciò non impedisce che il maggior disordine non regni durante la notte. Sarebbe cosa da recar sorpresa, se il capo della banda e i suoi satelliti non fossero i primi ladri che io abbia mai conosciuto.»
Ad Astagnano, si ripete la situazione d’altri paesi. I sacerdoti e la popolazione vanno incontro ai briganti con croci e bandiere bianche in mano, in segno di pace e di resa, il che non frena i criminali, che, a dir del Borjes, «hanno cominciato a farne delle loro solite».
A Grassano, il saccheggio riprende: «i nostri capi vanno a rubare dove più lor piace.»
A Pietragalla, lo spagnolo rinuncia persino a cercare di frenare i suoi uomini e la città è anch’essa messa a sacco.
A Balbano, Borjes è testimone di fatti tali che si rifiuta persino di menzionarli, limitandosi a definirli quali assolutamente orribili: «I disordini più inauditi avvennero in questa città; non voglio darne i particolari, tanti sono orribili sotto ogni aspetto.»
Per farla breve, ogniqualvolta l’orda capitanata da questo mercenario spagnolo entrò in una città, la sottopose a saccheggio e devastazione, non senza stragi di cittadini inermi, anche quando la popolazione si era arresa senza combattere.
Borjes ammise che si stava recando da Francesco II a Roma per dirgli che questi non aveva altro che “miserabili e scellerati” dalla sua parte, che Crocco era un criminale della peggior specie e Langlois un bruto: «J’allais dire au roi Francois II qu’il n’y a que des miserables et des scelerats pour la defendre que Crocco est un sacripant et Langlois un brute»
Bisogna aggiungere che mentre Borjes cercava di scaricare le responsabilità dei massacri e dei saccheggi su Crocco, quest’ultimo fece lo stesso con lo spagnolo: si trattò d’un classico caso di “scarica barile”, quando in realtà erano entrambi, necessariamente, corresponsabili, essendo i capi della banda di briganti che compiva simili gesti.

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